poesie Ritorno nei prati di Avigliano - FILOMENA BARATTO

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Un breve estratto di alcune poesie contenute nel volume non più ordinabile
Fratelli
 Quell’odio che portate
 stampato sul volto indifferente
 fende nel profondo
 la coscienza di avere
 dei fratelli.
 Eppur lo sguardo
 porta l’orma
 dello stesso padre,
 negli occhi grandi  e languidi
 il segno di una vita
 più tranquilla della mia
 ma egualmente difficile
 e non serena.
 Ora vedete in me
 una nemica
 perché sono la sorella
 rea,
 quella che ha creato
 scompiglio
 e ha messo in discussione
 la vostra esistenza
 cheta
 con la sua venuta.
 Come voi
 sono figlia,
 in comune nostro padre
 che prima ancora
 è stato mio.

Paura che il bene finisca
Si ha sempre paura che il bene finisca,
 il bene di un altro cuore rivolto a te.
 Si ha paura di non essere il centro,
 né l’elemento principale,
 né l’affetto prioritario.
 Quale amore può colmare
 un vuoto lungo e freddo
 durato anni, durante il quale si è spento il desiderio di sentirsi amati?
 Quale amore può esserci
 dopo anni di mancanza,
 senza lo scorrere della vita insieme?
 Un’intrusa mi sento:
incastrata in un amore ragionevole
 che mi dice che son figlia,
 ma poi mi persuado
 che devo essere grande,
 senza bisogni,
 senza più pretese
 verso quell’amore rubato dal tempo
 e dalla sventura,
 dall’odio e dalla paura.
La mimosa
 Si confonde dietro il porticato,
 fragile, cadente,
 con pallidi grappoli,
il vento la scuote,
 appena rivolge lo sguardo in alto.
 Ecco la primavera
 l’ha resa solare, pesante,
 i sui rami abbracciano la casa
 coperta sul davanti.
 Non mi perdono
 di non averla vista prima
 quando tanto splendore
 lasciava spoglia la veduta.
 Adesso che c’è
 non posso fare a meno
 d’immergermi
 nel suo colore
 e nel suo profumo.
L’ubriaco
 Quegli occhi lucidi di brace, quell’odore
 di alcool assimilato
 erano stampati come un’orma
 nel cervello prima ancora
 di provare la paura.
 Arrivava come un ritornello
 puntualmente all’imbrunire
 e si pensava agli artifici per uscirne.
Tu bussavi con forza
 a pochi passi dalla soglia,
fuori della porta:
 “Pietà, dicevi,
 non faccio niente”.
 Il cuore raddolcito,
 al quale avevi fatto
 l’ultima promessa,
 ti lasciava libero l’ingresso.
 Varcata la soglia non c’era più scampo,
non c’era più pietà, né comprensione,
 solo pretesti e mille scuse
 per dare sfogo al vino maledetto.
 Via il sonno, via l’affetto,
 via le mille bugie,
 solo botte.
 All’alba eravamo stremate e abbarbicate
 al sogno appena passato!
 Tu un altro eri ormai,
 il mostro si era dileguato
 lasciandoti la parte più dolce e delicata.
 Chi avrebbe creduto
che avevi solcato i mari
dell’odio, della follia, dell’accesa violenza
 ora che eri nell’oblìo?
 Solo il ricordo e i segni
 di un brutto sogno.
 La paura ritornava
 e tu, ebbro di promesse
appena fatte,
 scoprivi la parte più recondita
 a te ignota,
 in preda all’euforia.
Le onde
Come le onde
Tremolanti vanno sull’acqua,
verso la riva,
qualunque sia,
così mi sento
in un moto perpetuo.
Vengon da lontano,
sanno dei lidi
che le han stremate.
Si rincorrono
In un fare frenetico
Senza tregua, così vado.
Luccicano sull’acqua
Vorresti acchiapparle in pugno
Chiedi loro: “Dove andate?”
Non ti posson rispondere.
Così vado,
per una strada
solo a me data,
una forza che non posso controllare
una voglia antica di procedere
verso mete solo a me note.
Lo sciacquio è leggero,
lo splendore acceca,
la magia è più profonda.
E’ lì che le correnti fanno a pugni
Per fare da timone alle onde,
che non sanno,
eppure vanno.

L’ultima foglia
 Scricchiolano
 sotto i passi scherzosi
 le foglie morte.
 L’ultima, legata ancora
 col peduncolo
 all’albero che deve lasciare,
 dondola
 ad ogni respiro di vento.
 Con l’ultimo saluto
 va a posarsi
 chissà dove
 abbandonandosi al suo destino.
 “O albero nemico
 di cui formai la chioma,
 ti sei liberato del mio peso
 lasciandomi cadere ai tuoi piedi.
 Sei leggero
 e fiero di aver iniziato il mistero
 della vita
 aspettando la primavera
 mentre io,
 sola, triste nella ghiaia,
 mi perdo.
 Sei solo per l’inverno,
 nessuno ti consola.
 Nudo e stanco
 sei di pessimo aspetto
 e invochi il pallido sole
 di renderti forte fino a primavera”.

(Produzione letteraria riservata © –     Vietata ogni forma di riproduzione o divulgazione)


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